Regalo di Natale, Genitori con-divisi

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Come ogni anno, in vista delle feste di Natale, mi piace dare visibilità ad un progetto con un rilievo sociale, qualcosa che esuli dal solito regalo di Natale, perché se è vero che il Natale è prima di tutto la festa dei più piccoli è pur vero che è anche il momento ideale per una riflessione e per un’ azione concreta a favore di chi spende tempo e risorse a favore di persone, genitori in questo caso, meno fortunati.

Al giorno d’ oggi per essere “meno fortunati” basta poco, è sufficiente una separazione e lo scenario cambia da un momento all’ altro, sia per le mamme che per i papà, quello che prima era scontato, la routine o il semplice trascorrere del tempo insieme diventa un utopia se non peggio. Ad un certo punto la separazione diventa una necessità, per il bene di tutti e per preservare il rapporto coi propri figli, ed è proprio qui che interviene l’ associazione GENITORI CON-DIVISI, una realtà che aiuta il genitore separato a gestire una situazione nuova e spesso non facile.

Il supporto è di tipo legale e psicologico e punta alla co-genitorialità, perché, citando dalla home, “Essere genitori è un compito di grande difficoltà e responsabilità, ma essere genitori separati lo è ancor di più!”

Qui a sinistra potete leggere e stampare il volantino di una serata organizzata dall’ associazione Genitori con-divisi, uno spettacolo per sorridere ma anche per raccogliere fondi destinati al progetto.

 

 

Di seguito due testimonianze, due storie “vere”, due fra le tante che raccontano il quotidiano lavoro fatto dall’ associazione, sono due storie di padri semplicemente perché questo blog si occupa di padri ma tengo a precisare che l’ impegno è rivolto sia ai papà che alle mamme.

La storia di Giovanni:

“Giovanni, sposato da vent’anni, un matrimonio un po’ stanco come tanti altri: lui si dedica al 90% al lavoro, senza grilli per la testa, lei  si dibatte tra carriera e famiglia  e gestisce, insieme ai propri genitori, i due figli adolescenti.

Un giorno lei gli dichiara di averne abbastanza, senza rivelargli che ha un altro: gli rinfaccia il troppo lavoro, l’eccessivo senso di responsabilità, la poca estroversione.

Rapidamente prende in affitto un appartamento e vi si trasferisce, minacciando Giovanni di togliergli i figli.

Pertanto Giovanni, attanagliato dalla paura di perdere la quotidianità dei figli, cui si è poco dedicato per “cultura” (“- quando sono piccoli hanno più bisogno delle mamme, no?” dice spesso), accetta tutto ciò che gli viene imposto pur di esserne collocatario dei minori (17 femmina e 12 maschio).

Così si ritrova ad essere sì collocatario ed assegnatario della casa coniugale, ma una sera alla settimana non deve comparire per cena, così la moglie mangia con i figli presso la sua abitazione ed addirittura un fine settimana ogni quindici giorni è lui che deve lasciare il proprio appartamento e tornarsene dai propri genitori!

Anche il proprio ruolo paterno, trattato da incapace da tutti (moglie, suoceri e anche dai figli), è fortemente messo in discussione.

Venendo in associazione e frequentando i gruppi di genitori, guidati da avvocato e psicologi, Giovanni è diventato più sicuro di sè e del proprio diritto/dovere di padre: non accetta più di essere relegato al mero ruolo di ospite dei propri figli  ma si è fatto parte attiva della loro educazione, interessandosi presso i professori per seguire i figli nell’andamento scolastico, propone loro pasti semplici e gustosi e sta maturando l’intenzione di chiedere una modifica della propria separazione, ove sia maggiormente rispettata la sua privacy e la moglie si organizzi per avere i figli presso di sè durante i propri momenti di accudimento”.

 

 

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La storia di Francesco:

“Francesco, papà di Marco, bimbo di sette anni, dopo una relazione durata otto viene lasciato dalla compagna che ha intrapreso un’altra relazione, imputandogli di essere più padre che amante.

Pertanto Francesco è costretto a lasciare l’abitazione familiare ed a trovarsi un appartamento che possa accogliere anche il figlio, nonostante la crisi economica  lo abbia colpito duramente e le proprie disponibilità finanziarie siano molto esigue.

La separazione (anche se non coniugati la signora propone al giudice un ricorso per regolare  l’esercizio della responsabilità genitoriale) nasce con una conflittualità elevatissima perchè Francesco non ha ancora accettato il suo dolore e la signora ha fretta di cambiare vita.

Queste spinte contrapposte provocano dolorose ricadute sul figlio, che diventa terreno di conquista e rischia di essere smembrato.  I due genitori si scambiano anche numerose querele penali e non trovano accordi su nulla. E’ lo stesso Francesco che allerta i Servizi sociali del proprio comune di residenza, spaventato da decisioni spesso non ponderate della mamma di suo figlio. Questa scelta si risolve in un grossissimo aggravio perché entrambi i genitori si rivolgono per ogni cosa ai Servizi, aumentando, se possibile, la loro conflittualità.

Venuto in associazione e frequentando assiduamente gli incontri, Francesco ha imparato anche ad ascoltare le ragioni “al femminile”, ha accettato piano piano la fine della propria storia sentimentale ed ha acquisito consapevolezza del proprio ruolo paterno, che comporta anche la necessità di ingoiare bocconi amari per il bene del proprio figlio.

In particolare ha compreso quali siano gli obiettivi importanti, per cui vale la pena combattere e quelli che è bene abbandonare per non coinvolgere il figlio in una lotta senza esclusione di colpi.

La situazione di Francesco, ora, è molto migliorata: è riuscito a trovare un accordo con la ex compagna, salvaguardando il diritto del figlio alla co-genitorialità e ritrovando una propria serenità, sicuramente molto proficua per quella del figlio!”

 

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